Il Coworking si apre ad artigiani e noleggiatori

C’era una volta il coworking dei “semplici” professionisti, i giovani possessori di partita Iva che, in via prioritaria per risparmiare sui costi degli affitti di locali da adibire a ufficio, sceglievano di condividere gli spazi di lavoro, dando vita ad ambienti ad alto impatto di creatività. Oggi, però, accanto a questa forma (che resta comunque prioritaria) si stanno facendo largo anche nuove modalità.

Anche la Cna Milano punta sul coworking. Il primo esempio arriva dalla Cna di Milano: la sezione meneghina della Confederazione nazionale dell’artigianato, infatti, è entrata a far parte della gestione di uno di questi spazi di condivisione di attività professionali, sposando a pieno la filosofia del coworking, fatta sia dell’abbattimento dei costi fissi, sia della possibilità di creare nuovi ecosistemi produttivi che generino innovazione grazie all’incrocio di competenze diverse.

La nuova vita della fabbrica. La scelta dell’area è ricaduta sul Corefab di Cormano, nella fascia nord dell’hinterland milanese, che dovrebbe diventare un nuovo punto di incontro tra digitale e manifatturiero: oltre alla Cna di Milano, a questa sfida hanno preso parte tra gli altri partner anche la Toyota Academy e l’Università Cattolica, che hanno contribuito a “popolare” le 70 postazioni ricavate all’interno di questa grande ex fabbrica metalmeccanica.

Il coworking del noleggio. L’apertura di spazi di condivisione lavorativa ad altri settori è stata intercettata anche da Giffi Noleggi: questa società di Avezzano, che offre servizi di noleggio macchine edili e da costruzione attraverso il Web, ha infatti ideato il coworking del noleggio a livello nazionale, che consente a chi opera nel settore (anche in ambiti molto specializzati come le gru da cantiere, gruppi elettrogeni e ponteggi) di ottimizzare la propria presenza sul territorio, di avvalersi della forza del gruppo in tutti gli aspetti e, non ultimo, condividere competenze e reti d’influenza.

L’evoluzione in Italia. Questi due rapidi esempi servono a raccontare l’evoluzione del Coworking, che sta continuando la sua corsa soprattutto nelle regioni del Nord Italia. Nell’ultima analisi sulla diffusione della condivisione di spazi, si stima che in Italia ci siano ormai all’incirca 400 spazi dedicati al coworking, con Milano che guida la classifica della dinamicità nazionale con un centinaio di sedi disponibili, seguita da Roma (dove se ne contano una trentina) e da Torino, Firenze e Venezia che arrivano a circa venti a testa.

I numeri del coworking. Più difficile invece fare le stime sul numero complessivo dei coworker italiani, anche perché la natura di questo strumento consente anche di fittare un posto solo per una giornata o addirittura per alcune ore; comunque sia, si calcola che ci siano tra i 1500 e i 3500 “condivisori” abituali nel nostro Paese, che hanno sposato la filosofia alla base dei progetti.

Chi sono i coworker. Per quanto riguarda invece l’identikit “lavoratore in condivisione” si può fare riferimento a una recente indagine dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, da cui si evince come la stragrande maggioranza dei frequentatori più assidui di questi spazi sono professionisti, free lance, artigiani, quasi sempre a partita Iva, che messi insieme raggiungono quota 95 per cento del totale. Si tratta di persone che necessitano di una “base” operativa poche volte alla settimana, magari per non lavorare da casa, ma non manca anche chi frequenta la sede con i ritmi di un ufficio tradizionale.

I servizi essenziali. Il trait d’union tra i vari spazi di coworking sono le esigenze (e le richieste) base da parte degli utenti, che non possono rinunciare a servizi come postazioni Internet e connessione rete Wifi (imprescindibile per il 100 per cento delle persone intervistare dal PoliMi), né a sale riunioni, location per eventi e attrezzature come stampanti e fotocopiatrici. Lievemente considerati più “accessori” altri aspetti, come la possibilità di organizzare eventi o di seguire corsi di formazione.